In occasione di Euro 2016, 7 incontri verranno trasmessi in diretta in Ultra HD attraverso la piattaforma satellitare gratuita Tivùsat, diffusa via HOT BIRD, prefigurando la prima forma di trasmissioni regolari in Ultra HD in Italia.

Si inizia il 30 giugno alle 21 con il primo match dei quarti di finale; a seguire l’1, il 2 e il 3 luglio con gli altri tre incontri dei quarti; il 6 e il 7 luglio con le due partite delle semifinali. In chiusura, il 10 luglio sempre alle ore 21.

L’iniziativa coinvolge anche altri importanti partner tecnologici. Tra questi la società britannica V-Nova, che metterà a disposizione il prodotto di contribuzione P.Link 4K basato sul proprio innovativo e scalabile codec PERSEUS con il quale verranno effettuate le contribuzioni in altissima qualità del segnale consegnato dall’International Broadcasting Center di UEFA.

Gli utenti che dispongono di un Tv Ultra HD e di una CAM certificati Tivùsat, potranno vedere le partite in Ultra HD sintonizzandosi sulla posizione orbitale HOT BIRD a 13° est, alla numerazione che verrà attivata da Tivùsat in vista della partenza della manifestazione.

L’intesa tra Eutelsat e Rai è volta a supportare entro la fine dell’anno il passaggio all’alta definizione di tutti gli 11 canali televisivi dell’Azienda Pubblica italiana su Tivùsat, dove attualmente vengono trasmessi in tutto 9 canali in HD

Antonio Campo Dall’Orto, Direttore Generale di Rai, ha affermato: “Il ritorno all’investimento sulla tecnologia rappresenta per la Rai un dovere non solo per vincere le grandi sfide del futuro ma anche per svolgere al meglio il suo ruolo di concessionario di servizio pubblico. Per la Rai sarà un altro grande passo avanti verso il traguardo di una media company in grado di competere sui mercati internazionali”.

Renato Farina, Amministratore Delegato di Eutelsat Italia, ha dichiarato: “Assieme alla Rai stiamo scrivendo una pagina importantissima della storia della televisione in Italia. E siamo davvero lieti di mettere a disposizione i nostri satelliti per supportare l’Azienda Pubblica Italiana nell’ambito di un rapporto di lunga data che questa volta consentirà di aprire i confini del mercato assicurando agli utenti un’esperienza di visione senza precedenti grazie alla straordinaria potenza delle immagini Ultra HD.”


Smart watch, smart car, smart home e perfino smart city faranno ben presto parte della nostra quotidianità. Ma le aziende? Come può l’internet of things aiutare un’azienda a migliorare?

 Le possibilità per il business sono virtualmente infinite e al di là del tipo di servizio offerto, connettere in rete i propri prodotti può aiutare enormemente qualsiasi tipo di azienda.

Basti pensare che solo pochi anni fa, conoscere il giudizio di un consumatore su un’azienda era quasi impossibile. Oggi l’IoT fornisce possibilità fino ad ora inesistenti: feedback in diretta e possibilità di conoscere le opinioni altrui.

Queste funzionalità non sono utili solo ai fini dell’usabilità del prodotto, ma anche per informare ed educare il pubblico su come utilizzarlo. Basti pensare alle possibilità che fornirebbe l’IoT in campo medico. Un esempio calzante è Philips HealthSuite. La divisione Healthcare di Philips era interessata a soluzioni digitali che aiutassero le persone ad avere un maggior controllo sulla propria salute, sia promuovendo uno stile di vita più sano sia migliorando i servizi di assistenza sanitaria. Così è nata Philips HealthSuite: una piattaforma digitale che attraverso il cloud gestisce più di sette milioni di apparati connessi, sensori e applicazioni mediche utilizzate sia dai pazienti, sia dal personale medico. In questo modo Phillips può migliorare i propri dispositivi sulla base dell’utilizzo che medici e pazienti ne fanno, ma può anche educare costoro ad utilizzarli al meglio senza dover prevedere il loro comportamento, ma ricevendo i dati direttamente dai dispositivi stessi.

Più o meno la stessa cosa fa Illy, l’azienda di caffè. Dentro le macchine per caffè da bar Illy, non quelle che possiamo comprare per casa, c’è un software che invia continuamente all’azienda feedback su come la macchina viene utilizzata: dalla manutenzione della stessa, fino alla temperatura dell’acqua. In questo modo può intervenire informando il barista e prevenendo eventuali guasti del prodotto.

Questi sono solo due casi di come le aziende hanno sfruttato al massimo i vantaggi dell’Internet of things, chissà cosa ci riserverà il prossimo futuro!


Risponde il docente Stefano Nardi.

Visto lo sviluppo registrato negli ultimi anni di trasmissioni tv sia satellitari che terrestri, della domotica e Videosorveglianza IP, oggi  la maggior parte degli installatori e dei progettisti deve confrontarsi con la realtà dei cablaggi in fibra ottica.

Il flusso di dati sulle reti è in continua crescita, ma anche alcune delle particolarità dei cablaggi in fibra ottica, rendono conveniente realizzare impianti in fibra anche nei casi in cui l’area non sia connessa a dorsali ad alta velocità.

Oltre alla quantità di dati che possono convogliare, gli impianti in fibra hanno altre caratteristiche interessanti. Ad esempio: la bassa attenuazione, che permette di coprire facilmente distanze di chilometri, e l’immunità alle interferenze elettromagnetiche. Due caratteristiche particolarmente utili nel settore sicurezza, dove l’incremento delle installazioni e la crescente qualità delle videocamere comporta un aumento del flusso dati.

L’uso combinato della fibra ottica con impianti tradizionali in rame permette interessanti applicazioni, con vari apparati utili all’integrazione tra reti tradizionali e reti in fibra, per sfruttare al meglio potenzialità e caratteristiche di entrambe le tecnologie.

Anche nella normale impiantistica civile, gli installatori devono confrontarsi con impianti domotici, televisivi, di controllo dell’energia, sicurezza domestica e home networking. Impianti che presentano sfide sempre più complesse con grandi quantità di dati che circolano localmente che spingono verso l’uso della fibra ottica.

Una crescente complessità è presente anche negli impianti domestici: domotica, home networking, sicurezza integrata, gestione dell’energia rendono l’impianto domestico di una villetta a volte più complesso di una rete SoHo.

 

Dott. Stefano Nardi


Secondo Gartner entro il 2020 gli oggetti intelligenti collegati alla rete nella Internet of Things saranno circa 26 milioni: per le aziende ciò implicherà sicuramente un miglioramento operativo, ma per i dirigenti dei data center si tradurrà in una serie di scelte riguardanti il tema sicurezza.

Gli analisti di IDC nel Worldwide and Regional Internet of Things 2014-2020 Forecast, hanno previsto che il mercato globale della IoT raggiungerà i 7,1 miliardi di dollari entro il 2020 (cifra che nel 2013 si attestava a 1,9 milioni). La crescita investirà l’IT di un nuovo carico di lavoro, dando vita a un nuovo modello di data center.

“L’enorme numero di dispositivi moltiplicherà volume, velocità e struttura dei dati relazionati all’affermarsi della Internet of Things – spiega Joe Skorupa, Vice President e Distinguished Analyst di Gartner -. Questo rappresenterà una sfida soprattutto per quanto riguarda sicurezza, dati, gestione dello storage, server e data center, ovvero ovunque siano in gioco processi aziendali da gestire in tempo reale”.

Con il dilagare della IoT saranno diverse le sfide che la sicurezza IT dovrà affrontare. La prima è rappresentata dalla raccolta e dalla memorizzazione dei dati. Secondo una previsione condotta dagli analisti di ABI Research, il volume di dati acquisiti dai dispositivi intelligenti collegati alla IoT sta crescendo: nel 2014 erano 200 exabyte (1 miliardo di gigabyte) ma nel 2020 le stime parlano di oltre 1.600 exabyte – 1,6 zettabyte. Questo scenario dovrà spingere i responsabili dei data center a prendere in considerazione l’acquisto di nuovi sistemi di storage e integrare array di storage nelle architetture di sicurezza per ridurre potenziali minacce.

Tutti i dati richiedono un’efficiente protezione. La crittografia end-to-end sarà una delle armi strategiche nel contrastare i nuovi pericoli per la sicurezza IT della Internet of Things. Occorre esaminare le applicazioni nuove e quelle già esistenti in azienda, andando a integrare funzioni di crittografia e di key management, per poi distribuire adeguati strumenti di gestione che mettano lo staff in condizione di seguire policy di utilizzo accettabili.

La standardizzazione nel futuro

Le interfacce standard saranno in grado di rispondere alle minacce rappresentate dalle nuove tecnologie, collegando i diversi sistemi IoT. Fondato nel 2014 da AT&T, Cisco, GE, IBM e Intel, l’Industrial Internet Consortium ha assunto un ruolo guida nello sviluppo di standard IoT. Il gruppo, che conta oltre duecento membri di ventisei Paesi, sta sviluppando diversi standard per specifici dispositivi (come le attrezzature mediche e le automobili).


Come sarà il lavoro del futuro? Quali sono le professioni che fra 10 anni diventeranno indispensabili?

Se lo sono chiesti i ragazzi del sito Fast Company che hanno interpellato due massimi esperti di tecnologia e innovazione: i “futurologi” Graeme Condrington dellaTomorrow Today Global e Joe Tankersley della Unique Visions.

Ecco le dieci figure più richieste del prossimo futuro:

  1. Designer della stampa 3d;
  2. Consulenti per la casa intelligente: la nostra casa sarà piena di oggetti che dialogheranno tra loro, attraverso la rete;
  3. Tecnico per gli impianti e le protesi neurali;
  4. Professori on line;
  5. Professional Triber: Metà “influencer”, metà dirigente d’impresa;
  6. Specialista sanitario in remoto;
  7.  Senior Carer, una figura specializzata anche nell’aspetto psicologico degli anziani;
  8. Coltivatore urbano;
  9. Sex Coach;
  10. Designer per la realtà virtuale.

Conoscere in anticipo i trend professionali può risultare molto utile per orientare la propria formazione e specializzazione lavorativa verso quei settori in maggiore crescita.


Nel 2015 i green jobs contano oltre 3 milioni di occupati: questi i dati contenuti in GreenItaly 2015, il sesto rapporto di Fondazione Symbola e Unioncamere, promosso in collaborazione con il Conai, che ha l’obiettivo di misurare l’apporto della green economy nazionale.

Dal report risulta che un’impresa su quattro dall’inizio della crisi ha scommesso su ricerca, design, qualità e green economy. In particolare, viene evidenziato che i green jobs sono i veri protagonisti dell’innovazione, sempre più obiettivo e strumento delle nostre piccole e medie imprese. Sono proprio queste realtà a portare il proprio importante contributo a livello europeo sul fronte della ‘riconversione verde’ dell’occupazione: dalla fine del 2014, il 51% delle Pmi italiane ha almeno un green job, più che nel Regno Unito (37%), Francia (32%) e Germania (29%).

La diffusione geografica della domanda di green jobs vede una marcata concentrazione nel Nord-Ovest con buone prospettive anche nel Nord-Est. Tra le regioni più virtuose su questo fronte troviamo la Lombardia, il Veneto, l’Emilia Romagna e la Campania. Scendendo nel dettaglio provinciale, troviamo sul podio, con il più elevato numero di assunzioni ‘green’ nel 2015, la provincia di Milano, cui seguono la provincia Roma, Torino e Napoli.

Tra le figure professionali più richieste troviamo l’installatore di impianti termici a basso impatto, l’ingegnere energetico, il tecnico meccatronico, l’ecobrand manager, l’esperto di acquisti verdi, l’esperto in demolizione per il recupero dei materiali, l’esperto del restauro urbano storico, il serramentista sostenibile, l’esperto nella commercializzazione dei prodotti di riciclo, il programmatore delle risorse agroforestali, l’esperto in pedologia (la scienza che studia il suolo), la genesi, sua composizione, le variazioni, soprattutto a fini agricoli, l’ingegnere ambientale, lo statistico ambientale e il risk manager.

E per il futuro? Ovviamente investire in formazione!


Entro il 31 maggio 2016 è obbligatorio compilare la “Dichiarazione F-gas” relativa all’anno 2015 per tutte le apparecchiature/sistemi fissi di refrigerazione, condizionamento di aria, pompe di calore, protezione antincendio, contenenti 3 kg o più di gas fluorurati a effetto serra.

La compilazione e la trasmissione della Dichiarazione può essere portata a termine tramite l’apposita Piattaforma istituita presso l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA):

http://www.sinanet.isprambiente.it/it/sia-ispra/fgas

L’adempimento, come stabilito all’art. 16, co.1 del DPR 43/2012 è a carico degli operatori delle suddette apparecchiature, identificato come il proprietario dell’apparecchiatura o dell’impianto qualora non abbia delegato a una terza persona l’effettivo controllo sul funzionamento tecnico degli stessi.

L’effettivo controllo sul funzionamento tecnico di un’apparecchiatura o di un impianto comprende i seguenti elementi:

  • libero accesso all’impianto, che comporta la possibilità di sorvegliarne i componenti e il loro funzionamento, e la possibilità di concedere l’accesso a terzi;
  • controllo sul funzionamento e la gestione ordinari (ad esempio, prendere la decisione di accensione e spegnimento);
  • il potere (compreso il potere finanziario) di decidere in merito a modifiche tecniche(ad esempio, la sostituzione di un componente, l’installazione di un sistema di rilevamento permanente delle perdite), alla modifica delle quantità di gas fluorurati nell’apparecchiatura o nell’impianto, e all’esecuzione di controlli (ad esempio, controlli delle perdite) o riparazioni.

>L’entrata in vigore del nuovo Regolamento UE n.517/2014 non ha modificato struttura, criteri e contenuti della dichiarazione F-Gas. Il valore soglia che permette di stabilire se una apparecchiatura fissa è inclusa nel campo di applicazione della dichiarazione resta quindi fissato a 3 kg di gas fluorurato ad effetto serra, non viene quindi applicata, ai fini della Dichiarazione F-Gas la nuova unità di misura espressa in CO2 equivalenti.

Le sanzioni relative alla mancata, incompleta o inesatta trasmissione delle informazioni previste dalla Dichiarazione f-Gas variano da 1.000 a 10.000 euro.
Eurosatellite è a completa disposizione per qualsiasi chiarimento in merito.


Un recente sondaggio condotto da Context su un campione di 2500 consumatori in Francia, Regno Unito, Germania, Spagna e Italia, rivela che solo il 5,4% degli intervistati italiani immagina di avere una casa intelligente già dal 2016 mentre in Paesi come la Germania questa percentuale è pari al 22,8%.

Questi dati relativi al nostro Paese tuttavia non pregiudicano una crescita del settore nei prossimi anni: molte tecnologie che hanno faticato a prendere il via oggi sono più che affermate. Basti pensare all’e-commerce, un fenomeno ai suoi inizi ritenuto di scarso appeal che oggi è più che affermato.

Ruolo centrale in questa crescita è stato rivestito dai retailer che si sono accorti del fenomeno e hanno saputo come sfruttarlo anche a loro vantaggio.

Secondo l’indagine Context, sono i retailer i principali veicoli della conoscenza della casa intelligente, attraverso negozi e siti. I Paesi oggetto della ricerca hanno confermato il loro buono lavoro in comunicazione, soprattutto a scopo informativo.

Anche per quanto riguarda l’Italia, il sondaggio rivela il ruolo chiave dei rivenditori specializzati in elettrodomestici ed elettronica di consumo: su di loro gli italiani ripongono la massima fiducia per ottenere informazioni e installare prodotti di domotica.

Ma chi sono gli acquirenti? Sono le donne, soprattutto, a essere più propense alla casa intelligente. Il 100% delle donne intervistate, infatti, ha risposto affermativamente alla domanda se fossero interessate a spendere fino a 5mila euro per rendere la propria casa smart.

Tra i vantaggi che gli italiani riconoscono, si posiziona al primo posto il comfort, che segna un 33,4% di preferenze: rientrare a casa e trovare un ambiente perfettamente accogliente o la cena cotta a puntino in forno, rappresentano benefit di forte appeal; al secondo posto, con il 20,8%, la sicurezza; seguono le commodity come regolazione temperatura, spegnimento luci o abbassamento tapparelle con il 19,8%; la cura dei parenti anziani per il 19,2% e infine l’entertainment con il 14,6%.

Gli italiani hanno decretato la cucina la stanza che per prima vorrebbero Smart in casa propria con il 61,2% delle preferenze, rispetto alla camera da letto con il 16,6% e al living con il 11,3%.

E la sicurezza? Il 24,8% degli intervistati sarebbe disposto a spendere per la propria sicurezza grazie a sistemi collegati direttamente alle forze dell’ordine; il 15,2% degli italiani si dice interessato ad installare apparecchi che consentano il collegamento con la compagnia assicuratrice in caso di allagamento o altri incidenti domestici; il 32,2% è invece favorevole a soluzioni che rendano possibile collegarsi direttamente con il proprio medico o con l’ospedale più vicino in caso di necessità.


Un reticolo che dirama dalla periferia di Perugia: è la linea dei 43 km di cavo di fibra ottica già posata da Umbria Digitale e i 28 ancora da completare. Proprio a questi si allaccerà Enel Open Fiber per realizzare il suo progetto in collaborazione con il Comune di Perugia entro dicembre 2017.
Gli interventi renderanno Perugia una delle città con la connessione più veloce d’Italia, grazie ad una rete pubblica creata a partire dal 2006, anno in cui la Regione Umbria decise di investire in una infrastruttura propria che aveva l’obiettivo di collegare tra di loro le sedi della Pubblica amministrazione e la stessa con i cittadini. La decisione oggi si rivela lungimirante. Enel non possiede, infatti, una sua rete di fibra: per portarla nelle case deve per forza allacciarsi a una “dorsale” esistente. E la decisione di partire dall’Umbria deriva proprio dal fatto che Umbria Digitale (ex Centralcom), società partecipata da Regione e Comuni (tra cui Perugia), ha deciso di mettere a disposizione dei privati la propria fibra.

A partire dalla rete pubblica, si sta ora partendo con la connessione degli edifici. Gli interventi, ormai è noto, sono partiti dalla zona di Fontivegge, ma secondo le dichiarazioni di Enel Open Fiber, entro fine 2016 saranno connesse le abitazioni anche del centro città e di Madonna Alta.


Nel contesto domestico cresce sempre di più la richiesta di prodotti connessi e servizi destinati alla smart home (il 79% dei consumatori italiani è disposto ad acquistare prodotti e il 72% servizi). Nel frattempo, anche le città si stanno muovendo velocemente, seppure non in maniera strutturata, nella direzione dell’Internet of Things. L’espressione Smart City è un concetto molto ampio e non solo tecnologico, che spazia dalla mobilità all’efficienza energetica, e dall’eGovernment alla partecipazione attiva dei cittadini, e si pone come mission il miglioramento degli standard di sostenibilità, vivibilità e dinamismo economico delle città.

Sulla base dei dati elaborati nel 2015 dall’Osservatorio Internet of Things della School of Management del Politecnico di Milano, il 60% dei comuni italiani con popolazione superiore a 20.000 abitanti ha avviato almeno un progetto Smart City negli ultimi tre anni, mentre il 75% sta programmando iniziative per il 2016.

Quali sono gli ambiti prioritari? Gestione della mobilità e illuminazione intelligentecon ricadute importanti in termini di risparmio: una riduzione dei consumi energetici di oltre il 40% e dei costi di manutenzione di circa il 25%.

Una delle principali tendenze è il progressivo spostamento verso progetti nativamente multifunzionali, cioè che condividono − in tutto o in parte − la dotazione tecnologica tra più applicazioni, come ad esempio la rete per l’illuminazione smart utilizzata per raccogliere informazioni da altri oggetti (sensori di inquinamento acustico o sensori di occupazione dei parcheggi). Questo trend si spiega sia con la naturale trasversalità applicativa dell’IoT, sia con la necessità di ripartire gli investimenti su un più ampio numero di servizi per imprese e cittadini, e si riscontra sia in Italia che all’estero: il report mostra che più del 30% dei progetti avviati dal 2012 tocca almeno due ambiti applicativi, il 12% almeno tre.

La multifunzionalità tocca – con alcune differenze – piccoli Comuni e grandi metropoli. Nel primo caso i progetti si concentrano su pochi ambiti applicativi, come nel caso di Integreen a Bolzano, che aggrega informazioni dinamiche su traffico e parametri ambientali raccolte da veicoli sonda, e dati statici di centraline fisse. Le metropoli invece adottano piattaforme che toccano più aree tematiche, come la Smart City Platform di San Francisco che − sfruttando la rete wireless Mesh di sensori sparsi per la città − permetterà la gestione centralizzata e da remoto di sistemi di Illuminazione intelligente, Smart Metering & Smart Grid, Gestione della viabilità, Sicurezza, e ricarica delle batterie per veicoli elettrici.